Il Lavoro Autonomo nel Settore del Diporto e Noleggio Occasionale

1. Introduzione

L’impiego di marittimi su unità da diporto mediante contratti di lavoro autonomo, anziché subordinato, rappresenta una tematica di crescente interesse, soprattutto in relazione al quadro normativo vigente, alle esigenze di sicurezza della navigazione e alle implicazioni di natura fiscale e previdenziale che esso porta inevitabilmente con sé.

Il presente articolo si propone di esaminare nei suo caratteri generali la questione, al fine di chiarire i confini entro cui il lavoro autonomo possa essere impiegato nel settore del diporto nelle sue varie declinazioni.



2. Il Quadro Normativo del Lavoro Marittimo

2.1. Il Codice della Navigazione e il Regime Generale del LavoroMarittimo

Il Codice della Navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327) disciplina in modo dettagliato il rapporto di lavoro marittimo. Esso si fonda sulla centralità della figura del marittimocome lavoratore subordinato, vincolato da un contratto di arruolamento e sottoposto all’organizzazione gerarchica di bordo.

L’articolo 318 del Codice stabilisce che:

“L’equipaggio della nave è costituito dal comandante e dalle altre persone al servizio della nave per la sua direzione o per i bisogni della navigazione.”

L’articolo 323, inoltre, sancisce che:

“Il contratto di arruolamento è il contratto con il quale il marittimo si obbliga a prestare la propria opera a bordo di una nave mercantile.”

L’articolo 328, peraltro, stabilisce che:

“Salvo quanto è disposto nei successivi articoli, il contratto di arruolamento deve, a pena di nullità, essere fatto per atto pubblico ricevuto, nel Regno, dall’autorità marittima, e, all’estero, dall’autorità consolare.

Il contratto deve, parimenti a pena di nullità, essere dalle autorità predette annotato sul ruolo di equipaggio o sulla licenza.

Prima della sottoscrizione, il contratto deve essere letto e spiegato al marittimo; l’adempimento di tale formalità si deve far constare nel contratto stesso”.


Questi articoli, oltre all’ampio regime amministrativo, rendono evidente che il regime ordinario del lavoro marittimo si fonda su un rapporto di natura subordinata, nel quale il marittimo è assoggettato alle direttive dell’armatore e del comandante in relazione alle figure più basse in grado.

2.2. Il Codice della Nautica da Diporto, Il Noleggio Occasionale e la Questione del Lavoro Autonomo

Il Codice della Nautica da Diporto (D.Lgs. 18 luglio 2005, n. 171) disciplina la navigazione da diporto e introduce il concetto di noleggio occasionale con l’articolo 49-bis. Tale norma consente ai proprietari di unità da diporto di noleggiarle a terzi in forma occasionale la propria unità marittima, senza tuttavia chiarire il regime lavorativo applicabile al personale di bordo.

L’assenza di un riferimento esplicito al tipo di contratto utilizzabile per il personale crea un vuoto normativo che ha portato a interpretazioni contrastanti e a interventi sanzionatori da parte di alcune autorità marittime che spesso hanno assunto carattere contraddittorio tra l’una e l’altra ed a volte quasi surreale.

Si rammentano due casi peculiari che negli ultimi 12 mesi ho avuto modo di analizzare.

Il primo riguarda una sanzione emessa da una Capitaneria di Porto Toscana con cui si contestava all’armatore la violazione dell’art. 2 comma 1 lettera a) D.Lvo. 171 del 2005 (sanzionato dall’art.

55 del medesimo Decreto), poiché aveva impiegato per il noleggio occasionale il personale ordinariamente assunto mediante contratto di arruolamento per la conduzione dell’unità, sostenendo che avrebbe dovuto dare incarico in forma occasionale ad un terzo “conducente” e non utilizzare i soggetti con rapporto stabile. Insomma, secondo la Capitaneria, se il noleggio è occasionale il rapporto di lavoro deve essere occasionale.

Quanto appena espresso non appare avere  alcun fondamento giuridico, ma è la prova che il tema avrebbe necessità di un chiarimento normativo e quantomeno amministrativo specifico che tenga conto dell’insieme delle normative di settore e delle sue necessità concrete.

Peraltro l’esiguità delle normali sanzioni applicate, rende anche poco conveniente ricorrere in giudizio e pertanto quasi assente è la giurisprudenza su tali temi.

Il secondo ancora più emblematico riguarda una sanzione emessa da una Capitaneria di Porto della Sardegna, con la quale si sanzionava un armatore per aver assunto e utilizzato un comandante munito di titoli professionali (titolo inglese con endorcement italiano), invece che – al suo posto – un “conduttore” con la mera patente nautica.

Infatti la Capitaneria, applicando alla lettera l’art. 49 bis del D.Lvo 171 del 2005, rilevava e contestava all’armatore che, essendo l’unità marittima sotto i 24 metri, avrebbe dovuto assumere quantomeno per i giorni di noleggi occasionale, un mero conducente con la patente nautica da almeno 3 anni.

Anche in questa ipotesi, seppure attraverso un timido riferimento normativo, appare evidente come la Capitaneria non tenga conto del fatto che il titolo professionale rappresenti una forma di maggior tutela per la sicurezza di bordo, per gli ospiti e per la navigazione, rispetto alla mera patente nautica. Interpretazione, peraltro, in aperto contrasto non solo con i principi cardine della sicurezza del lavoro nazionale, ma anche con tutti i principi internazionali legati alla formazione STCW e MLC 2006.

Quanto appena riportato, ovviamente, non rappresenta la normalità interpretativa delle Capitanerie di Porto, che normalmente nulla eccepiscono sul punto quanto trovano contratti di arruolamento di personale con le abilitazioni per la conduzione dell’unità da diporto privato, ma solo il sintomo di una incertezza normativa che mina e rende quanto mai incerto l’utilizzo di uno strumento come il noleggio occasionale creato per agevolare il settore della nautica da diporto.

Non si può negare come, probabilmente, il noleggio occasionale, meriterebbe una disciplina specifica e dettagliata che non consenta un così ampio margine di interpretazione e quindi di corrispondete incertezza da parte degli armatori e dei loro professionisti, agenzie marittime in primis.

2.3. Il Regime del Lavoro Autonomo e le Sue Evoluzioni Normative

Il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Riforma Biagi) aveva introdotto forme di lavoro autonomo occasionale attraverso gli articoli 70-73, prevedendo la possibilità di ricorrere a prestazioni accessorie anche nel settore marittimo.

Tuttavia, il D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con la Legge 21 giugno 2017, n. 96, ha abrogato questi articoli e introdotto l’articolo 54-bis, il quale disciplina le nuove forme di prestazioni occasionali e ne esclude implicitamente l’applicazione al settore marittimo, riservando le prestazioni occasionali esclusivamente per esigenze temporanee o eccezionali:

a) nell’ambito di progetti speciali rivolti a specifiche categorie di soggetti in stato di povertà, di

disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o che fruiscono di ammortizzatori sociali;

b)   per lo svolgimento di lavori di emergenza correlati a calamità o eventi naturali improvvisi;

c) per attività di solidarietà, in collaborazione con altri enti pubblici o associazioni di volontariato;

d)   per l’organizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritative.

Tale evoluzione normativa ha di fatto eliminato ogni riferimento esplicito alla possibilità di instaurare un rapporto di lavoro autonomo occasionale nel diporto, creando un’incertezza interpretativa.

Se da un lato, nelle aule universitarie ci è sempre stato insegnato che tutto ciò che non è vietato è consentito, dall’altro, nel settore marittimo, vi sono interessi si sicurezza che non possono essere taciuti e che evidentemente hanno giustificato – fino ad oggi – un regime amministrativo dei rapporti di lavoro particolarmente complesso e oneroso.

Siamo infatti davanti ad uno dei rari casi del nostro ordinamento in cui a tutt’oggi l’arruolamento di un marittimo deve avvenire per formale atto pubblico presso la Capitaneria di Porto.

A poco è servito il periodo covid e le relative temporanee semplificazione quando non riescono a diventare lo spunto per un cambiamento che agevoli stabilmente tutti gli operatori negli adempimenti burocratici e abbatta costi inutili per gli armatori come per adempio i bolli e le imposte di registrazione necessari per l’atto pubblico che incidono per circa 250,00 €. per ogni assunzione.

2.4. La Convenzione sul Lavoro Marittimo (MLC 2006) e le Sue Implicazioni


La Convenzione sul Lavoro Marittimo (MLC 2006), ratificata dall’Italia con la Legge23 settembre2013,n.113, stabilisce standard minimi per le condizioni di lavoro dei marittimi.

Pur non affrontando direttamente la questione del lavoro autonomo, la Convenzione enfatizza l’importanza di garantire diritti e tutele ai lavoratori marittimi, rendendo problematica l’applicazione di forme contrattuali autonome prive di garanzie adeguate.

Questo vuol dire che ove si dovesse pensare ad una disciplina specifica sul tema del rapporto autonomo, o anche nel caso fosse indirettamente ammesso nel settore marittimo del diporto (questione non certamente pacifica), non si potrebbe che prevedere un requisito di garanzia nel rapporto almeno pari a quanto stabilito come limite minimo dalla MLC 2006. Quest’ultima disciplina, seppure riferita al diporto commerciale – e non certamente quello privato nel quale si colloca il noleggio occasionale, rappresenta però un modello di analisi e confronto per una disciplina che possa contemporaneamente tutelare l’esigenza di elasticità del lavoro e di sicurezza della navigazione.

Guardando inoltre alle esperienze internazionali vicine a noi, non si può non fare breve menzione alla figura del marittimo autonomo prevista in Francia, Spagna e Regno Unito. Tutti e tre questi paesi, seppure in forma differente prevedono la possibilità di un lavoratore marittimo, ma tutti e tre ne disciplinano i requisiti e soprattutto le tutele specifiche.

3. Differenze tra Lavoro Autonomo e Subordinato nel Contesto Marittimo

3.1. Elementi Caratteristici del LavoroSubordinato

Prima di giungere a conclusioni affrettate sulla possibilità di intravedere lo strumento del rapporto di lavoro autonomo, è importante definire i tratti tipici del cosiddetto vincolodi

subordinazioneche determina l’inserimento del lavoratore all’interno dell’organizzazione e della direzione dell’armatore. Tale vincolo si manifesta attraverso diversi aspetti fondamentali:

1.   Esercizio del potere direttivo e disciplinare: Il lavoratore subordinato è tenuto a rispettare le direttive impartite dall’armatore o dal comandante della nave. Quest’ultimo ha il potere di assegnare compiti specifici, stabilire gli orari di lavoro e monitorare l’operato dell’equipaggio. Qualsiasi inosservanza può dar luogo a sanzioni disciplinari previste dal Codice della Navigazione.

2.   Obbligo di imbarco e registrazione nei ruoli della nave: Il marittimo deve risultare iscritto nei documenti di bordo e nei registri della gente di mare, rendendolo parte integrante dell’organizzazione lavorativa dell’armatore. Sullo specifico punto, volontariamente non prendo in esame la nuova figura ibrida dell’ufficiale di seconda classe del quale andranno individuate nei prossimi mesi, le reali capacità di risposta al mercato e di tutela della sicurezza di bordo.

3.   Continuità e stabilità del rapporto di lavoro: Anche nei contratti a tempo determinato, il rapporto di lavoro marittimo è caratterizzato da una certa stabilità, in quanto il marittimo è previsto come parte integrante dell’equipaggio per l’intero periodo della missione o dell’impiego.

4.   Tutela previdenziale e assicurativa: I lavoratori subordinati godono di una protezione sociale specifica, che include la previdenza marittima, la copertura per infortuni e malattie professionali, e la possibilità di pensionamento attraverso l’INPS. La loro condizione contrattuale garantisce diritti in caso di malattia o incidenti sul lavoro.

5.   Eterodirezione: L’eterodirezione è un elemento chiave della subordinazione. Nel caso del lavoro marittimo, il lavoratore è soggetto non solo alle direttive dell’armatore ma anche a quelle del cliente che ha noleggiato l’imbarcazione. Un esempio pratico si può riscontrare nel charter nautico, dove il cliente può decidere la rotta e le destinazioni. In tali casi, il comandante e l’equipaggio devono attenersi alle preferenze del cliente, dimostrando che, sebbene formalmente assunti dall’armatore, la loro attività lavorativa è eterodiretta da un soggetto esterno.

Sul tema dei requisiti di cui sopra, merita analizzare brevemente la peculiare figura del comandante della nave. Quest’ultima è certamente una figura apicale all’interno dell’organizzazione della navigazione, tanto che il Codice della Navigazione lo qualifica come il “capo della spedizione” (art. 186 C.d.N.). Egli detiene la massima responsabilità nella conduzione della nave, nella tutela della sicurezza dell’equipaggio e del carico, nonché nell’adempimento delle normative internazionali e nazionali sulla navigazione. Tuttavia, è necessario precisare che, nonostante l’autorevolezza e i poteri decisionali del comandante, la sua posizione giuridica resta comunque subordinata all’armatore.

Un esempio pratico si può trovare nella giurisprudenza relativa alla gestione delle emergenze in mare. In casi di avarie o incidenti, la giurisprudenza ha più volte confermato che il comandante ha un potere-dovere di prendere decisioni che possano discostarsi dalle istruzioni dell’armatore, ma solo se finalizzate alla tutela della sicurezza (Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 4677/2019). Questo conferma che, anche se il comandante ha un margine decisionale importante, non può essere considerato autonomo nel senso stretto del termine, a prescindere da ogni considerazione specifica legata alle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

3.3. Parallelismo con il Caso dei Riders (Tribunale di Bologna, Sentenzan. 294/2020)

La sentenza del Tribunale di Bologna n. 294/2020 ha avuto un impatto significativo nella qualificazione giuridica del rapporto di lavoro dei riders, stabilendo che, sebbene formalmente classificati come lavoratori autonomi, in realtà erano soggetti a vincoli e modalità operative tipiche del lavoro subordinato. Il giudice ha evidenziato come il sistema organizzativo della piattaforma digitale, attraverso algoritmi e strumenti di gestione del lavoro, determinasse elementi essenziali dell’attività lavorativa, come:

1.   Turni e disponibilità lavorativa: sebbene il rider fosse teoricamente libero di scegliere quando lavorare, i meccanismi di prenotazione dei turni favorivano coloro che garantivano continuità e disponibilità costante, riducendo di fatto la libertà organizzativa.

2.   Modalità di esecuzione della prestazione: la piattaforma stabiliva le tempistiche e i percorsi di consegna, incidendo sulla libertà del rider di determinare autonomamente il proprio operato.

3.   Criteri di valutazione e ranking: il sistema di assegnazione delle consegne era influenzato dalle prestazioni passate, creando una dipendenza gerarchica indiretta, che condizionava il comportamento del lavoratore.

Questi elementi hanno portato il Tribunale a riconoscere che il rapporto di lavoro fosse caratterizzato da una eterodirezione sostanziale, tipica della subordinazione, e non da un’autonomia genuina. La sentenza ha dunque riqualificato il rapporto autonomo, in rapporto di lavoro subordinato.

Nel settore del diporto, la situazione presenta analogie significative, soprattutto nel caso dei contrattidinoleggiosia o meno occasionale. Un comandante o un marittimo, anche se

formalmente assunto con un contratto autonomo, sarebbe nella maggior parte dei casi soggetto a un regime di eterodirezione, disciplinare, valutativo che rende problematica o quantomeno dubbia la sua qualificazione come lavoratore autonomo.

Nel charter nautico, il contratto di noleggio (anche occasionale) prevede che sia il cliente a determinare aspetti fondamentali dell’attività dell’equipaggio. Sebbene il comandante possa essere incaricato dell’esecuzione tecnica della navigazione, le decisioni principali – come la scelta della rotta, le soste e le attività da svolgere a bordo – sono dettate dal cliente. Questa situazione crea

una dipendenza operativa analoga a quella riscontrata nei “riders”:

1.   Condizionamento delle scelte operative: il comandante può essere teoricamente libero di eseguire la navigazione, ma nei fatti è il cliente a determinare la destinazione, l’itinerario e i tempi di percorrenza. Peraltro in caso contrario, si rischierebbe di uscire dall’alveo della normativa sul noleggio per avvicinarsi a quella del trasporto.

2.   Obbligo di adattamento alle richieste del cliente: come avviene per i riders, che devono adattarsi agli ordini della piattaforma, il comandante è vincolato alle volontà del cliente, non potendo agire liberamente se non per motivi di sicurezza.

3.   Valutazione e controllo: nel mondo del charter, il comandante e l’equipaggio possono essere soggetti a valutazioni da parte del cliente, il cui feedback incide sulla possibilità di ottenere incarichi futuri, creando una relazione di dipendenza economica e gerarchica indiretta.

Questa situazione rivela come nel charter nautico anche nella sua forma occasionale, benché il

comandante sia teoricamente il responsabile della navigazione, la sua attività sia generalmente eterodiretta da un soggetto terzo (il cliente) e in generale dall’armatore – in

riferimento quantomeno ai regolamenti di servizio – , impedendogli di esercitare un’autonomia piena che, comunque, non gli sarebbe attribuita neppure a cose normali.

In sintesi e per concludere sul punto, la sentenza di Bologna ha stabilito che, affinché un rapporto possa essere considerato autonomo, il lavoratore deve avere effettiva libertà nella gestione dell’attività. Nel settore del diporto, questa libertà è fortemente limitata dalla necessità di seguire le istruzioni dell’armatore o del cliente. Se il comandante è vincolato a scelte altrui e non ha la possibilità di organizzare in autonomia il proprio lavoro, il rapporto difficilmente potrà essere considerato di natura autonoma.

Di conseguenza, nel settore del diporto il concetto di lavoro autonomo appare giuridicamente fragile, con un’elevata probabilità di essere ricondotto a una forma di subordinazione in virtù dell’eterodirezione imposta dal cliente o dall’armatore.

4. Conclusioni e ProspettiveNormative

L’impiego di marittimi autonomi nel settore del diporto si presenta fortemente problematico, sia per l’assenza di un quadro normativo chiaro che per la tendenza della giurisprudenza (anche se non di settore specifico) a riconoscere la prevalenza del rapportosubordinato.

In attesa di un eventuale intervento legislativo o di chiarimenti interpretativi globali che analizzino l’intero sistema del noleggio occasionale, si raccomanda di conformarsi alle prassiconsolidate, privilegiando l’impiego di marittimi con contratti di lavoro subordinato per evitare contestazioni e sanzioni, privilegiando la sicurezza della navigazione, la professionalità, la formazione, la competenza e l’esperienza.

Questo non garantisce da possibili contestazioni, come sopra brevemente rappresentato, ma certamente evita che l’armatore sia esposto alle sanzioni previste per il lavoro nero a sanzione piena (maxi-sanzione) o comunque ridotte oltre al pagamento dei contributi e delle sanzioni civili ad essi correlati.

Come riflessione di chiusura, non posso non rappresentare l’opportunità di una discussione aperta sul tema del lavoro autonomo nel settore marittimo, in modo che sia valutata a livello associativo e legislativo la possibilità di definire l’opportunità di definire i contorni di tale figura nel diporto e nel caso introdurre una disciplina dedicata con le relative tutele così come in molti altri paesi europei.

Infatti, se tutto quanto sopra rimane valido, è pur vero che ci possono essere situazioni peculiari che potrebbero giustificare l’utilizzo di rapporto di lavoro in forma autonoma.

Si pensi per esempio all’incarico per lo spostamento di una unità marittima, all’incarico per

svolgere delle prove a mare in concomitanza con una compravendita o più semplicemente il noleggio occasionale o meno di una unità non munita normalmente di equipaggio (perché disarmata e non in utilizzo) che venga condotta in forma “sufficientemente autonoma” dal comandante.

Tutte le ipotesi sopra potrebbero essere benissimo gestite, entro certi limiti, utilizzando rapporti di lavoro di natura autonoma. Quello che in questi casi però è importante, per non dire fondamentale, è un contratto di lavoro autonomo definito correttamente e una struttura aziendale e contrattuale verso i clienti che rispecchi tale tipo di impostazione autonoma.

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